Venerdì 18 e Sabato 19 Dicembre 2015 ore 21,00 – Domenica 20 Dicembre 2015 ore 16. |
Il Teatro degli Incamminati Compagnia Teatro sul Filo – Filarmonica Clown – presenta : TIRANOTT Atto unico di Lino Pedullà
con Piero Lenardon e Marino Zerbin ideazione scenografica di Marcello Chiarenza
regia di Paola Bea e Piero Lenardon E’ notte, profonda notte, in un bar di Milano un silenzioso cameriere riordina per la chiusura ,gli fa compagnia un ultimo avventore che cerca d’incantare il cameriere, la notte e il tempo evocando personaggi della Milano che fu ,attraverso aneddoti personali della vita di tutti i giorni ma anche attraverso citazioni di grandi scrittori e poeti milanesi: Gadda, Manzoni, Porta, Loi, Tessa, il tutto con un’ironia tutta meneghina, velata qua e la dalla malinconia e da una pudica amarezza. Tiranott,ecco il nome del nostro avventore, cercherà di ritardare la chiusura con tutte le armi della simpatia che la Milano dei ricordi,ma anche quella di oggi, può suscitare .In questo suo viaggio sarà controllato con discrezione e fermezza dal silenzioso cameriere che scandirà i tempi di questa evocazione e fungerà da attento moderatore della voglia, quasi inesauribile, di raccontare del suo ciarliero ospite notturno. Fino alla inevitabile definitiva chiusura. Che sarà di quel mondo, di quella lingua così espressiva e così piena di ritegno?Non vogliamo saperlo, a noi tocca solo ricordare affascinando il nostro pubblico con tutta la complicità di cui siamo capaci. Il bar è aperto,accomodatevi, con tutto il cuore…..”
Il nostro personaggio attraversa lo spazio/tempo fortemente evocativo e simbolico della notte. Paul Celan, grande poeta, dice: ”La parola, nel mentre tu precipiti, sale dalla notte…” : la notte è il momento del viaggio metaforico dentro o fuori di sé e la parola può salvare, a volte, dal timore del vuoto. L’ affabulazione del nostro Tiranott, quel suo accatastamento di parole come per creare una riserva d’aria e di vita è l’artificio per lasciare un segno. Il dialetto, fuori da quello spazio chiuso che può essere l’elemento più propriamente comico /popolaresco – Le maschere della Commedia dell’Arte, ma anche personaggi del cabaret televisivo-,qui si trasforma (trasfigura) e acquista in profondità lirica e simbolica. Queste parole non sono solo un salto -nostalgico- nel passato. Mostrano meglio della lingua ufficiale, come l’acqua di un fontanile di campagna, quel qualcosa di originario che è il senso della parola. Paradossalmente proprio la straordinarietà di una lingua poco frequentata come il dialetto, ci può far percepire la forza e la ricchezza delle parole di questa lingua: una architettura di senso che, nella finzione della messa in scena teatrale, trova una verità che riscopriamo o che percepiamo senza a volte capire fino in fondo.In “Tiranott” la drammaturgia ospita molte storie in una ”trama” tessuta da fili -d’oro- carpiti ai tesori letterari di Gadda, Tessa, Loi, Fo,Porta, Manzoni cuciti sul panno grezzo del “vecchio cappotto” del protagonista, con un finale che sembra una sorpresa ma in realtà è solo l’uscita perfetta del ginnasta dopo il volteggio agli anelli. Valerio Bongiorno
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